La scuola in Finlandia, appunti di viaggio

Edoardo Montenegro condivide le sue impressioni di ritorno da Helsinki, dove Betwyll ha completato il programma di accelerazione con xEdu.

Nel mese di giugno si è conclusa la prima fase del percorso che Betwyll ha intrapreso con xEdu, il principale acceleratore di startup EdTech in Europa. I momenti di formazione, i workshop, le fiere di settore, gli incontri con scuole, biblioteche, editori e enti pubblici sono stati anche un’occasione importante per conoscere meglio la Finlandia e il suo sistema educativo.

È un viaggio affascinante, che qui posso solo riassumere e che i più curiosi potranno approfondire, oltre che visitando Helsinki e la Finlandia, leggendo il bellissimo libro di Kirsti Lonka, Phenomenal Learrnig from Finland (Edita, 2019). Quanto scriverò qui sotto non è che un racconto di viaggio colmo di opinioni personali, soggetto ai limiti della generalizzazione.

Lo status dell’insegnante

La cosa che in primo luogo mi ha colpito è il prestigio professionale e sociale di cui gode la figura dell’insegnante, che in Finlandia è considerata – di fatto – la professione più ambita. A ciò corrisponde un elevato grado di libertà e discrezionalità nell’insegnamento. Il maestro, o la professoressa, non sono messi in discussione dalla società, ne sono il punto di riferimento.

Questo elemento è forse più importante del fatto, non irrilevante e tuttavia probabilmente conseguente, che gli insegnanti finlandesi  sono assai ben remunerati e dispongono quindi anche dei mezzi economici per svolgere nel migliore dei modi la propria professione, in un contesto che è in ogni caso competitivo e contraddistinto da aspettative di risultato elevate.

Ulteriore aspetto, che pare decisivo, è la doppia specializzazione: gli insegnanti finlandesi non sono solo e soltanto i custodi di una specifica disciplina, ma hanno inoltre un profondo background pedagogico, ovvero oltre a conoscere la propria disciplina sono abituati a ragionare e a riflettere sulle modalità con cui i propri studenti la apprendono e, confrontandosi ad esempio con una nuova soluzione EdTech, desiderano in primo luogo comprenderne i tratti pedagogici.

Le scuole: multilingue, inclusive, stimolanti

Quanto alle scuole, alla prevalenza della scuola pubblica sulla scuola privata – la Città di Helsinki, ad esempio, conta 100 scuole pubbliche e 30 private – si accompagna a un elevato grado di differenziazione tra una scuola e l’altra, nella cornice comune definita dai curricula nazionali. A ciò si aggiunge l’effetto del fatto che le lingue ufficialmente parlate in Finlandia sono tre: il finlandese (o suomi), lo svedese e il sami; mentre in alcune scuole – fin dalla scuola primaria – spesso diverse materie sono insegnate integralmente in lingua inglese.

Gli studenti iniziano la scuola all’età di 7 anni e la scuola dell’obbligo dura per nove anni, dai 7-8 anni sino ai 15-16 anni. In questo arco di tempo tutti gli studenti studiano le stesse materie, nel segno dell’eguaglianza e dell’inclusione sociale. Ulteriore aspetto significativo è che, nel sistema educativo finlandese, i voti e gli esami svolgono un ruolo secondario, e in alcuni casi non sono affatto previsti.

Il principio, se ho compreso bene, è che il contesto formativo è considerato più importante dei voti: non solo si pratica il noto modello della classe rovesciata (flipped classroom), per cui gli studenti discutono con l’insegnante ciò che già hanno iniziato ad esaminare in precedenza a casa, ma l’obiettivo principale è superare il concetto tradizionale di lecture, in cui l’insegnante spiega e lo studente memorizza, a favore di un modello in cui il primo obiettivo della scuola è costruire un ambiente che stimola continuamente la curiosità, la creatività e la capacità di apprendimento attivo dello studente.

La diversità come risorsa

Ciò ha un riflesso importante anche sul piano dell’inclusione. In Finlandia il concetto chiave da questo punto di vista è “bisogni di apprendimento speciali”.

Quando uno studente manifesta un bisogno di apprendimento speciale – ad esempio, perché potrebbe essere affetto da dislessia o perché ha difficoltà nell’apprendere una materia – un gruppo di insegnanti con competenze specifiche si attiva perché lo studente goda del sostegno necessario senza sentirsi perciò etichettato come diverso. Anzi, potremmo dire che abituare i bambini e gli studenti al concetto della diversità – culturale, religiosa, etnica, sessuale – è una delle prime preoccupazioni della scuola che, in tal modo, coltiva una società in cui ciò che è diverso non è semplicemente accettato, bensì visto come un essenziale e naturale elemento di ricchezza.

Al ritorno in Italia, non ho potuto non fare una riflessione, che rischia di essere retorica e tuttavia devo formulare. Attraverso gli esercizi di social reading, prima su Twitter e poi su Betwyll, abbiamo conosciuto centinaia di insegnanti italiani, appassionati, competenti e entusiasti della possibilità di fare della scuola un luogo migliore. Dopo questo viaggio, allora, mi sono chiesto: che cosa sarebbero in grado di fare se anche solo una piccola parte delle risorse e delle metodologie di cui dispongono i loro colleghi finlandesi fossero disponibili anche a loro?

Un ulteriore elemento che mi ha colpito, nelle scuole finlandesi, è l’approccio verso la tecnologia; ma di questo, insieme all’ecosistema delle startup EdTech, scriverò in uno dei prossimi post.

Edoardo
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